(Michele Rubino)

In Cina, si ritiene che i principali centri di diffusione delle arti marziali siano stati due. Il primo è il monastero buddista di Shaolin, il secondo quello taoista di Wudang. E’ opinione diffusa che le radici del Baguazhang vadano ricercate in quest’ultimo. Uno degl’insegnanti della Maestra Siow, la mia seconda docente, è stato il Professor Kang Ge Wu, ritenuto il più autorevole storico del Baguazhang. In seguito a laboriose ricerche, fu in grado di dimostrare che la disciplina non nacque affatto a Wudang, e nemmeno venne trasmessa al suo fondatore, il Maestro Dong Hai Chuan, da un monaco taoista di nome Bi Dengxia (畢澄霞), com’è credenza diffusa.

Buona parte del contenuto tecnico del Baguazhang proviene, invece, dal pugilato Shaolin. E’ noto, infatti, che Dong Hai Chuan, da ragazzo, praticasse un sistema di combattimento esterno, forse l’Erlang Men quan. Più tardi, in età matura, insegnò lo Shaolinquan a buona parte dei suoi allievi, e, tra questi, anche a Yin Fu, ritenuto il depositario dell’intero metodo Baguazhang. Dong Hai Chuan ( 董海川) era nato a Zhu Jia Wu (朱家坞村), un villaggio appartenente al distretto di Wenan, nella Provincia dell’ Hebei (la zona di Pechino, per intendersi). La data di nascita è controversa, ma quella più probabile è il 1813.

Dong Hai Chuan aveva un temperamento indocile, e la sua famiglia era, da tempo, in urto con quella dei Li, più ricchi e potenti. Non è ben chiaro cosa avvenne, ma sta di fatto che il giovane fu accusato di omicidio, e dovette darsi alla latitanza. Si rifugiò, quindi, presso il villaggio di Kaigou, dove alcuni parenti lo tennero nascosto. Tra questi familiari v’era un cugino, Dong Xianzhou, ch’era un reputato combattente, tanto che i banditi lo evitavano. Cogliendo l’occasione, Dong Hai Chuan si allenò con lui, facendo esperienza d’un altro metodo di pugilato Shaolin, ed apprendendo la tecnica del “palmo di ferro”.

Il “palmo di ferro”, o, più letteralmente, il “palmo della limatura di ferro” (Tie Sha Zhang) è una pratica che consiste nell’irrobustire i tessuti delle mani attraverso colpi ripetuti su sacchetti di vario materiale. Si tratta di una metodica in uso negli stili “esterni”, o “duri” delle arti marziali cinesi. Tutti i miei insegnanti di Baguazhang la conoscevano e la praticavano, insieme ad altri sistemi per aumentare la resistenza del corpo ai colpi. Lo scopo del Tie Sha Zhang consiste, infatti, nel rendere la mano meno sensibile agli urti, ed, entro certi limiti, meno fragile.

Il metodo che illustro in questo articolo è quello più diffuso. Anzitutto, occorre procurarsi un sacchetto di stoffa resistente, dalle dimensioni di poco superiori a quelle della propria mano. Il materiale con il quale lo si riempie sono dei fagioli secchi di soia verde (che si trovano in vendita con il nome giapponese di “azuki”, ad un prezzo veramente irrisorio, in qualunque centro commerciale).

La scelta di questi legumi non è casuale. Sono duri, e colpirli nel modo corretto è molto doloroso. Inoltre,
rompendosi, rilasciano un olio che lascia i tessuti della mano morbidi e privi di callosità, contribuendo,
insieme, a nutrirli per renderli più spessi. Il sacchetto con i fagioli va posizionato sopra un supporto
resistente (una pila di step va benissimo), all’altezza del proprio ombelico. Quindi si unge la mano con
dell’olio riscaldante (quello di iperico, lo “hong hua you”, in vendita nelle farmacie cinesi per pochi Euro, è
ottimo), e si comincia l’esercizio. La posizione è importantissima. In genere, si ricorre a quella detta “del
cavaliere”, con il dorso ben eretto. Inclinare il tronco mentre i colpi giungono violenti sul sacchetto può,
infatti, produrre lancinanti dolori lombari, che si acuiscono il giorno dopo. La gabbia toracica e l’addome
compiono particolari movimenti, finalizzati ad attivare un canale energetico, il Zhong Mai, che cercherete
invano sugli atlanti di agopuntura, perché sono rarissimi quelli che ne parlano.

Il colpo fondamentale si porta con il palmo della mano, ma la tecnica non è così semplice: il carpo e le dita devono essere sciolti e toccare il sacchetto con delicatezza. L’estrema violenza delle azioni, che in genere stupisce gli spettatori, non deriva dalla forza dall’arto superiore, ma da quella del tronco e delle gambe. Inoltre, bisogna evitare il contatto tra il punto “laogong”, al centro del palmo, ed il sacchetto. La trascuratezza si paga con l’immancabile comparsa di disturbi che coinvolgono il cuore.

L’esercizio va protratto da mezz’ora ad un’ora, e va eseguito tutti i giorni. Al termine, si applica nuovamente l’olio riscaldante e si massaggia con vigore la mano. Allenarsi dieci o quindici minuti non serve assolutamente a niente. Personalmente, ho praticato questo esercizio per anni. Per vivere, insegno le arti marziali, ed era mio interesse dedicarmi a tale pratica. Comprendo, tuttavia, che, per molti, ciò sarebbe limitativo. “Baguazhang” significa “Palmo degli Otto Trigrammi”, ma ciò non vuol dire che questa disciplina usi esclusivamente la mano aperta.

A lunga e media distanza ricorre ad altre armi naturali, tra le quali vi sono i pugni. Questi ultimi, se non
protetti da un guantone o da un guanto a dita libere, comportano gravi rischi per le articolazioni
metacarpo-falangee. I praticanti di Pancrazio greco-romano e di Lethwei, il pugilato birmano, che
combattono a contatto pieno e senza protezioni, la pensano allo stesso modo. Quelli del Pancrazio usano,
addirittura, deviare i colpi dell’avversario verso la parte alta della propria fronte per frantumargli le mani,
ma, senza giungere a ciò, basta provare a colpire con i pugni nudi gli avambracci di un praticante di pugilato in guardia chiusa, per capire quanto siano sensibili e delicate le nocche.

Sarebbe bene, perciò, provvedere anche ad esse. Se non si ha la pazienza ed il tempo di esercitarsi
colpendo un sacchetto di semi di soia, si può ricorrere a dei semplici piegamenti sulle braccia, usando come punto d’appoggio i pugni e, magari, saltando, come mostro nelle foto. Questo esercizio, per essere efficace, va eseguito su un pavimento, non su delle materassine.

Info Maestro Michele Rubino

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